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Intervista
Tratto da "Tutto" di novembre 1999
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Quello che colpisce di più , a livello di contenuti, è la quantità di lacrime sparse nel disco. E’ possibile che alla tua età si soffra già così tanto per amore?

“Diciamo che non parlo solo della mia sofferenza, ma anche di quella che mi circonda, che vedo per strada, che emerge dalle storie delle persone che conosco. Mi capita spesso di essere allegra, addirittura euforica. Ma non è quello lo stato d’animo che mi aiuta a scrivere le canzoni. In altre parole, la felicità per me non è una gran fonte d’ispirazione”.

Un altro tema ricorrente è quello del cielo. Ali, volo, nuvole, angeli sono parole usate a piene mani…

“La cosa più strana è che appartengono a una dimensione che mi lascia senza parole, che non so spiegare. Mi sento chiedere spesso se credo in Dio o in qualcosa di superiore. Non sono ancora in grado di dare una risposta”.

Molte giovani popstar sono costrette a lasciare la scuola e a farsi seguire da un insegnante privato. Tu non solo ti sei diplomata “regolarmente”, ma hai ricevuto pure un premio per gli ottimi voti ottenuti. Hai una bella determinazione!

“Quando ho firmato il mio contratto discografico ho messo subito in chiaro che non avrei mollato la scuola a metà. Ho passato dodici anni della mia vita a studiare e non avevo intenzione di mandare tutto all’aria per una cosa aleatoria come la musica, rinunciando al diploma. Questa non è una professione sicura, parliamoci chiaro. Oggi hai successo, ma non sai mai cosa accadrà domani. Comunque è stata dura. Ricordo ancora un viaggio promozionale in Giappone. Un giorno ero a Tokyo a firmare autografi e quello successivo seduta al mio banco, davanti al foglio del compito in classe”.

Dai l’idea di essere una persona che ama la solitudine e che non è sicura di voler accettare l’effetto collaterale della notorietà…

“Sto molto attenta a proteggermi. Non parlo mai della mia vita privata o delle cose che mi toccano da vicino. Né rivelo l’ispirazione che si nasconde dietro ai testi delle mie canzoni. Non solo ai giornalisti, ma neppure ai miei genitori o agli amici. Penso non abbia senso raccontare in quale circostanza precisa ho provato certe sensazioni. L’importante è che gli altri ci si possano immedesimare.

Quindi non chiedermi chi è l’Unforgivable Sinner, il peccatore imperdonabile della canzone, perché non intendo dirlo!”.

Qual è la prova di affetto, da parte dei tuoi fan, che ti ha colpito maggiormente?

“Risale al Festivalbar, di cui sono stata ospite la scorsa estate. Chi mi conosce sa che quando canto, soprattutto Unforgivanle Sinner, rimango sempre seria. In quella circostanza però, constatare che il pubblico conosceva a memoria non solo il ritornello ma tutti i versi, mi ha commosso al punto che stavo per mettermi a piangere. Poi, invece, sono scoppiata a ridere dalla gioia. Confesso che a volte ho dei rimorsi, perché ricevo tantissime lettere a Tromsø, dove abitano ancora i miei genitori. Io però adesso sto ad Oslo, perché li si trovano la sede norvegese della mia casa discografica, le tv e i giornali. Purtroppo raramente trovo il tempo per rispondere”.

Che musica ascolti?

“Alanis Morissette, Skunk Anansie, Cardigans, Cranberries, U2, Janet Jackson, Chemical Brothers… Non esiste un unico modello d’ispirazione, perché quando ascolto musica lo faccio per rilassarmi; non per vedere se c’è qualcosa da copiare”.

Hai mai vissuto con un senso di frustrazione il fatto di essere cresciuta geograficamente ai margini del mondo?

“No, perché prima non avevo termini di paragone. E ora che sono spesso lontana da casa, ho rivalutato la Norvegia al punto da stabilire che è l’unico posto in cui potrei vivere “da grande””.

Che servono a stemperare la morsa depressiva di un inverno implacabilmente buio, durante il quale il sole non sorge mai. Contrapposto all’estate quando, al contrario, non tramonta neppure a mezzanotte!

“Penso che tutta quell’oscurità e il freddo risulterebbero insopportabili per voi italiani. Ma io devo molto a quel clima. Il fatto di essere costretti a starsene tappati in casa per mesi costringe le persone a trovarsi qualcosa da fare”.









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