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DarKlaus
Staff / Moderatore
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Posted - 09/07/2004 : 15:08:09
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Qualche giorno fa tornavo dal mare ascoltando in macchina Stato di Necesità di Carmen Consoli. Nel cd è contenuta una canzone chiamata Orfeo malato che mi ha subito riportato alla mente il mito di Orfeo e Euridice (che ovviamente è citato nella canzone), uno dei più famosi e bei miti. Non so perchè nei giorni successivi c'ho riflettuto spesso, su quanto sia bella e triste la storia e quanto poi sia vero e attuale il messaggio contenuto, che non si può dare nulla per scontato e che spesso per quanto sia forte il solo amore non può bastare a risolvere tutto. Il pensiero non se n'è proprio andato dalla testa così a forza di pensarci ho pensato anche che poteva essere bello aprire un topic che raccogliesse i racconti, le fiabe, i miti e le leggende che ci sono piaciuti o semplicemente ci hanno colpiti di più da bambini (o perchè no anche ora). Perciò se ne avete da raccontare fatelo pure qui. Già che ci sono riporto il riassunto di Orfeo e Euridice (a dire la verità su internet ne ho trovate varie versioni leggermente diverse ma riporto questa che è più simile a quello che ricordavo io)
Un giorno, nei pressi di Tempe, nella vallata del fiume Peneo, Euridice incontrò Aristeo che cercò di abusare di lei, la ragazza cercando di sfuggire calpestò un serpente che la morse provocandole la morte. Il coraggioso Orfeo, disperato per la morte della sua amata, decise di scendere nel Tartaro con la speranza di ricondurla sulla terra. Arrivato nell'Oltretomba, non solo riuscì ad incantare Caronte il traghettatore, Cerbero e i tre giudici dei morti con la sua melodiosa e dolce musica, ma fece cessare le torture dei dannati riuscendo anche ad addolcire lo spietato cuore di Ade tanto da convincerlo a restituire Euridice al mondo dei vivi. Ade, però, pose una condizione, che Orfeo, durante l'ascesa del Tartaro non si voltasse indietro e non parlasse finché Euridice non fosse arrivata alla luce del sole. Per tutto il viaggio di ritorno la ragazza seguì il suono della lira di Orfeo, ma appena il ragazzo intraviste la luce, si girò per controllare se Euridice fosse con lui e fu cosi che la perse per sempre.
I don't know what's worth fighting for Or why I have to scream But now I have some clarity to show you what I mean I don't know how I got this way I'll never be alright So, I'm breaking the habit I'm breaking the habit I’m breaking the habit tonight
Linkin park - Breaking the habit |
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Yulaiho
Fan
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Posted - 09/07/2004 : 15:45:59
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Topic interessantissimo Klaus! Vi propongo il mito che mi ha più interessato e fatto riflettere finora, studiato in Filosofia quest'anno: il Mito della Caverna di Platone, nella versione più completa che ho trovato:
"Immagina che un gruppo di uomini sia vissuto fin dall'infanzia in una caverna sotterranea, collegata all’esterno da una galleria piuttosto lunga. Immagina anche che questi uomini, seduti con la schiena rivolta verso l'apertura, abbiano catene al collo e alle gambe e che quindi non possano girarsi verso la luce. Alle loro spalle, in prossimità dello sbocco della galleria, è acceso un gran fuoco, il cui riverbero colpisce la parete di fondo della caverna, l'unica che gli uomini incatenati possono vedere. Tra loro e il fuoco, poi, c’è un muretto dietro al quale vanno e vengono alcuni uomini, portando oggetti di vario tipo (statuette di uomini o di animali, di legno o di pietra), a volte nel più assoluto silenzio, altre volte scambiandosi qualche battuta. Gli oggetti sporgono al di sopra del muretto e la luce del fuoco fa sì che le loro ombre si proiettino sulla parete di fondo della caverna. Per gli uomini in catene quelle ombre sono l'unica cosa esistente. Immagina ora che uno degli abitanti sia riuscito a liberarsi dalla prigionia: di certo si chiederà da dove provengano tutte le ombre proiettate sulla parete della caverna. Che cosa credi che avvenga nel momento in cui si gira verso l'apertura della galleria? Naturalmente all'inizio sarebbe accecato dalla luce, ma subito dopo rimarrebbe colpito dagli oggetti, dal momento che fino ad allora li aveva visti solo come ombre. Se poi riuscisse a scavalcare il muretto raggiungendo così lo spazio al di fuori della caverna, la sua meraviglia sarebbe grandissima; dopo essersi sfregato gli occhi, sarebbe infatti stupito da ciò che lo circonda: anzitutto scorgerebbe i colori e i contorni precisi, poi riuscirebbe a vedere anche gli animali e i fiori. Poi alzerebbe gli occhi al cielo e, dopo qualche tempo, sarebbe in grado di individuare il sole: allora capirebbe che è il sole a dare la vita ai fiori e agli animali che si trovano in natura, come nella caverna il fuoco gli permetteva di vedere le ombre. Questo gli fa venire in mente i suoi compagni rimasti imprigionati nella caverna e lo spinge a tornare indietro. Non appena giunge nella grotta sotterranea, cerca di convincere gli altri che le ombre riflesse sulla parete sono soltanto copie delle cose vere. Ma nessuno gli crede: tutti sono invece convinti che quella fuga gli abbia rovinato la vista (infatti, essendo passato dalla luce al buio, non riesce più a distinguere le ombre come faceva in precedenza) e che quindi non vale la pena raggiungere il mondo esterno. A questo punto, c'è quasi da pensare che, se arrivasse qualcuno a liberare gli uomini incatenati, questi lo considererebbero un nemico pericoloso e, se solo ne avessero l’occasione, di certo lo ucciderebbero."
Ever felt away with me Just once that all I need Entwined in finding you one day (Nightwish - Ever Dream) |
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Pellissier
Fan
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Posted - 09/07/2004 : 20:42:53
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Fiabe e racconti? Non posso mancare ... davvero un bel topic comunque!
Come primo contributo ci tengo a riportare una fiaba che fin da quando ero bambino mi ha sempre colpito molto. Parla di valori forti quali generosità, amicizia, sofferenza ed amore per il prossimo.
IL PRINCIPE FELICE (Oscar Wilde)
In cima a una colonna stava la statua del Principe Felice. Era ricoperta di foglie d'oro, per occhi aveva due zaffiri, e un rubino riluceva sulla spada. Tutti l'ammiravano. Una sera un rondone diretto in Egitto si posò ai suoi piedi e si accorse che la statua piangeva. <<Che hai?>> chiese. Il principe rispose: <<Quando ero vivo, ero felice. Ma ora che sono morto e mi hanno collocato quassù, anche se il mio cuore è di piombo, non posso trattenere le lacrime per il dolore che vedo tutt'intorno. Io non posso muovermi. Rondine cara, fammi tu da messaggero. Porta il mio rubino a quella mamma che cuce laggiù.>> <<Non ho tempo, Principe. Devo volare in Egitto. E' già freddo qui.>> Ma il Principe era tanto addolorato che il rondone infine accettò. Fu poi la volta degli zaffiri e a una a una di tutte le foglie d'oro che ricoprivano il Principe, finchè un giorno la statua non finì per diventare tutta grigia e scialba. Ma i poveri della città erano meno poveri, e i loro bambini meno pallidi. Venne la neve. Il piccolo rondone aveva sempre più freddo, ma non se la sentiva di lasciare il suo Principe. Giunse però il giorno in cui, sentendosi morire, gli disse: <<Addio!>> Il mattino dopo il sindaco scese nella piazza. Vide dapprima l'uccello morto e lo fece buttare via e poi la statua del Principe senza più splendore, e ordinò che fosse tolta e fatta fondere. Ma nella grande fornace il cuore di piombo proprio non decideva a sciogliersi. Venne gettato via, e finì nell'immondizia dove si trovava il rondone. Passò un angelo, vide quei due esseri preziosi e li prese con sé. E da quel giorno in poi, nel beato giardino del Paradiso, il rondone cantò per sempre sulla spalla del Principe Felice.
Somewhere over the rainbow Bluebirds fly And the dreams that you dare to Oh why oh why can' t I ... Well I see skies of blue and I see clouds of white And the brightness of day I like the dark And I think to myself .. What a wonderful world...
[Israel K. Olè - Over The Rainbow]
Have a little faith in the rainbow, don't let your hopes fall down... never... |
Edited by - Pellissier on 09/07/2004 20:44:25 |
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Marko
Staff / Moderatore
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Posted - 09/07/2004 : 22:28:07
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Prima di tutto faccio i complimenti a Claus per aver aperto uno dei topic più originali che ricordi, di sicuro parteciperò. Adesso non ho tempo, ci sarebbe prima di tutto da scegliere, credo opterò per una fiaba (a proposito, spero che ne abbiate letta qualcuna di quelle norvegesi su questo sito, sono molto belle), ma conoscendo i racconti postati da Pellissier e Yula ci tengo ad inserire un mio commento. La storia di Wilde è molto bella e mi sembra sia più lunga nel racconto originario, cmq fa capire che non bisogna tenersi per sé i doni ricevuti, ma metterli al servizio degli altri (il fatto poi che la statua vede il dolore degli altri e dà i suoi pezzi mi fa pensare come paragone anche al bellissimo gesto della donazione degli organi: oltretutto per quello ci vuole davvero l'"aiuto" di un altro). E soprattutto il racconto fa capire che bisogna fare il bene nonostante la ricompensa del mondo, che sappiamo quale sia. Ci sarebbe poi anche da dire sul fatto che quando la statua era ricoperto d'oro, la ammiravano e dopo, spoglia, l'hanno levata da mezzo. Quella di Platone l'abbiamo studiata tutti a scuola: ha tantissimi significati, ma mi sembra che il suo senso principale sia un invito a vincere le catene che ci legano al nostro mondo ristretto, trascendere la materialità e limitatezza dei nostri sensi, andando oltre con l'ausilio della ragione e la meraviglia dello spirito, aprendosi ad altri orizzonti (purtroppo vediamo tutto da un punto di vista a noi relativo, ma non bisogna confonderlo con la realtà). La bellezza di entrambi i racconti sta nel fatto che il soggetto non può fare a meno di tornare indietro, spinto dalla compassione, ma mentre il racconto di Wilde è più "mieloso", quello di Platone illustra la cruda realtà: la difficoltà di tirare fuori dall'ignoranza chi vi si alberga e la storia ci ha insegnato e ancora ci insegna che le cose stanno proprio così. Magari non si viene uccisi, ma presi per pazzi di sicuro (e anche qui, bella ricompensa!)
Cannot control this... this thing called Lene
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Edited by - Marko on 09/07/2004 22:29:20 |
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Pellissier
Fan
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Posted - 10/07/2004 : 10:11:43
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quote: Originally posted by Marko La storia di Wilde è molto bella e mi sembra sia più lunga nel racconto originario
Sì Marko, lo credo anch'io. Sai cosa però? Anzichè fare ricerche su internet, ho recuperato il mio vecchio libro di fiabe di quando avevo 3 anni, e da lì l'ho trascritta qui... in fondo Klaus parlava di fiabe che ci sono rimaste impresse da bambini... e a me è rimasta impressa quella su quel libro, con quelle parole, con quell'illustrazione che non ho potuto riportare ma che comunque c'è. In fondo, il succo della storia di Wilde, c'è tutto.
Somewhere over the rainbow Bluebirds fly And the dreams that you dare to Oh why oh why can' t I ... Well I see skies of blue and I see clouds of white And the brightness of day I like the dark And I think to myself .. What a wonderful world...
[Israel K. Olè - Over The Rainbow]
Have a little faith in the rainbow, don't let your hopes fall down... never... |
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Robyf
Fan
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Posted - 10/07/2004 : 19:03:40
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Innanzitutto mi associo anch'io ai complimenti a Klaus per questo topic, indubbiamente uno dei migliori dell'ultimo periodo. Quello che voglio ora riportare e' un mito che ho conosciuto solo di recente e che fa parte della tradizione nordica: La creazione del mondo.
All'alba dei tempi, prima ancora che nascessero la terra o il cielo, prima che il mare lambisse le scogliere con le sue onde, il centro del mondo era occupato da un'immensa voragine: questa voragine si chiamava Ginnungagap. A nord di essa sorgeva il gelido Nifheim, nelle cui tenebre infuriavano violente tempeste; e a sud splendeva l'ardente Muspelheim, cosi' infocato e rovente che nessuno, a parte chi dimorava tra le sue fiamme, vi si poteva accostare. Surt e' il nome della vendetta di Muspelheim, e la sua spada e' una terribile lingua di fuoco; sara' lui, un giorno, a distruggere il mondo con le fiamme e a condurre gli Dei alla rovina. Ma all'epoca in cui gli Dei non erano ancora nati, Ginnungagap traboccava di gelida brina. Dal baratro immane, infatti, scorrevano rapidi torrenti, che si riversavano impetuosi nella nebbia e nel nevischio di Nifheim, trasformandosi in una pioggia di ghiaccio e ricadendo in pesanti macigni di gelo, alla stessa stregua in cui, da un rogo, colano i residui delle fiamme; e la bruma che si depositava sul ghiaccio, a poco a poco congelo', stratificandosi in brina. Tuttavia, da Muspelheim soffiava un vento caldo in direzione della coltre di ghiaccio; ivi si fermava e prendeva a vibrare come in un afoso giorno d'estate. Al tepore del vento, gli strati di ghiaccio si sciolsero e cominciarono a colarne gocce che parevano vive: queste gocce assunsero infine una forma umana. Nacque cosi' il mostruoso Ymir, padre di tutti i Giganti del Gelo. Mentre Ymir giaceva ancora assopito, gli schizzo' sudore da tutto il corpo. Dall'ascella sinistra nacquero un uomo e una donna, e il piede destro genero' un figlio col piede sinistro; da essi ebbe origine una nutrita progenie, tanto che il mondo pullulo' in un baleno di orribili giganti. Dalla coltre di ghiaccio continuavano a scorrere gocce; le gocce generarono la vacca Audhumbla, dalle cui mammelle Ymir succhiava il latte. Mentre il gigante si nutriva, la mucca leccava le pietre salate del ghiacciaio. Il primo giorno, verso sera, spunto' da una pietra la capigliatura di un uomo; il secondo giorno la chioma divento' una testa, e il terzo salto' dalla pietra la persona intera, che prese a vagare per i campi libera e felice. L'uomo era di bell'aspetto, forte e robusto; Buri era il suo nome. Egli si moltiplico' e, per meta' da lui, per meta' dalla stirpe dei Giganti del Cielo, nacquero le tre divinita' Odino, Vile e Ve. Quando gli Dei, crescendo, si resero conto della propria forza, uccisero Ymir; il sangue che prese a scorrere dal suo corpo, si riverso' su tutta la terra in flussi cosi' impetuosi, che la sua progenie ne fu sommersa. Solo il gigante Bergelmir si salvo', insieme alla moglie: egli riusci' a restare in vita aggrappandosi a un mulino. I due generarono una nuova stirpe di Giganti, ed e' questa che continua a devastare il mondo. Gli Dei, d'altro canto, presero il cadavere di Ymir e lo gettarono nella voragine di Ginnungagap, e dal suo corpo crearono la terra. I fiotti scroscianti del sangue di Ymir generarono il mare e i fiumi, la sua carne divenne terra, le sue ossa si trasformarono in montagne, i denti e i monconi in pietre e detriti. Gli Dei spinsero poi le acque verso l'esterno, in modo che esse formassero un anello attorna alla terra; cosi' gli Dei la circondarono col grande mare. Poi sollevarono lo scalpo di Ymir al di sopra della terra e ne fecero la volta del cielo; misero un nano a guardia di ciascuno dei quattro angoli, a nord e a sud, a oriente e a occidente; sotto il cielo volteggia il cervello di Ymir, ed e' per questo che le nuvole sono fredde e sinistre come i pensieri del gigante. Ma gli Dei catturarono tutte le scintille che sprizzano da Muspelheim e vorticano nell'aria, e le lanciarono su nel cielo, affinche' illuminassero la terra. Esse tracciano i percorsi dei corpi celesti, che scivolano dolcemente l'uno dopo l'altro, cosi' come il giorno succede al giorno e l'anno all'anno. Ecco dunque com'e' avvenuto che la terra si trovi in mezzo al mare selvaggio. Al di la' della grande distesa d'acqua, gli Dei collocarono le dimore dei Giganti. Nel cuore della terra, invece, consacrarono una landa e la recintarono con una siepe formata dalle ciglia di Ymir: questo recinto fu chiamato Midgård.
Leggendo questo mito ho subito fatto un parallelo con "Il Signore degli Anelli" e le altre storie Tolkieniane sulla "Terra di Mezzo". Innanzitutto per l'assonanza tra Midgård e Terra di Mezzo, poi per le straordinarie similitudini tra i personaggi dei miti nordici (in questo caso i Giganti) e delle storie di Tolkien (i Troll). Se vi va magari prossimamente postero' qualche altro mito che rendera' piu' chiare queste similitudini.
I saw someone on the ice today Leave me, winter’s on the run Ice break, all of this will melt away Leave me in the midnight sun.... Lisa Miskovsky |
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Marko
Staff / Moderatore
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Posted - 16/03/2006 : 23:37:26
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Avevo detto che avrei partecipato e mantengo la promessa (anche se pure ora c'ho poco tempo ) Oggi cercavo in un negozio un'edizione economica di Age of Empires III: ho visto l'ediz. speciale con tanto di libro e cd che spiega com'è stato realizzato il gioco, una cosa sempre + spettacolare e realistica, io sono appassionato di questo tipo di giochi. Ho rimandato, però ho acquistato x 15 Euro l'espansione di Age of Mythology: The Titans, alla quale chissà quando potrò giocare... ma intanto mi sono divertito un po' a sfogliare il libretto, leggendo la storia dei titani, creatori del mondo e padri degli dei greci, da loro sconfitti e imprigionati nel Tartaro. Ritornati ora liberi, ai titani si sono uniti gli atlantidei (che ebbero come primo re proprio un titano) i quali dopo la caduta di Atlantide sono stati dispersi e cercano una nuova terra dove ritornare grandi. Il giocatore con i suoi atlantidei deve come sempre conquistare i territori, progredire nelle civiltà creando eroi e alla fine liberare anche titani, che nel quadro di gioco sono enormi. Ma questo è l'argomento di un altro topic Dalle premesse di questo gioco, e visto che già abbiamo parlato di Platone e di dei, ho cercato in rete il mito di Atlantide secondo Platone (il quale, come sappiamo, scatenò per secoli e ancora oggi ricerche e supposizioni). Eccolo
I will always be doing music, but there are nobody who knows how it will turn out. I will always be doing music, but there are other people who will decide whether I'll be staying....
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